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U’ sutàzzo (il setaccio) PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Carmela "Jatta acrest'"   
martedì 11 marzo 2008
 Molti non sanno neanche cos’è… Alcuni sanno che è un arnese di cucina. Oggi ce ne sono di bellissimi, in acciaio …  fa parte di quegli oggetti che vengono “inclusi”, a scopo promozionale,  nell’ acquisto di una batteria di pentole e viene usato, generalmente come colino … ma qualcuno seguendo step by step le fasi di una ricetta che chiede di “setacciare la farina”, ne scopre la sua primordiale “destinazione d’uso”.

Setacciare la farina; un gesto antico che le nostre nonne compivano quotidianamente, ogni qualvolta dovevano preparare pane, pasta, focacce, “gnucculjidde”  e “cannaturizzie” (dolcetti); un gesto necessario,  perché la farina, venduta in sacchi, o alla minùte (al dettaglio) conteneva anche “canigghia” (crusca).  Spesso i sacchi di farina venivano conservati in luoghi umidi, e nella farina si formavano “le còchele” (i grumi) e a volte anche le “cannedde” (bachi della farina). La farina era un bene primario e a volte unica fonte di sostentamento, certo non ci si poteva permettere di buttare della farina, anche se conteneva degli ospiti… Ma si ripuliva setacciandola. U’ sutàzze  era un  recipiente di varie dimensioni, formato semplicemente da una fascia di legno alta circa dieci centimetri  che racchiudeva il fondo fatto di una retina metallica.
Si metteva a poco a poco la farina e dondolando con un rapido movimento delle mani, si ripuliva la farina…  Operazione molto importante, che rendeva possibile la panificazione.
Fare il pane è sempre stato un momento importante, permeato di una ritualità sacra, ricca di simboli… La farina, da sempre simboleggia la morte… Il pane, simbolo di vita… La panificazione è il processo mediante il quale si attua l’eterno ciclo della vita. E il setaccio rende possibile tutto questo, dividendo ciò che è buono da ciò che è  cattivo… ciò che è bene usare da ciò che è  male… E proprio la sua peculiare ed indispensabile utilità, ha caricato questo “oggetto” di un forte significato simbolico.

Simbolo di castità: secondo una leggenda la vestale Tuzia per dimostrare la sua castità, disse che avrebbe raccolto l’acqua del Tevere con un setaccio e aiutata da Vesta, ci riuscì.

Simbolo esoterico: legato al culto di Iside e ai riti esoterici.

Oggetto di credenze popolari: essendo capace di “filtrare” le cose, si credeva che potesse “filtrare” anche i malefici e le jettature – per questo si usava appendere il setaccio dietro le porte di casa.

Il setaccio era anche l’oggetto rivelatore di un gioco:

u’ sciuèco d’ù sutàzzo

Questo gioco permetteva di conoscere chi aveva preso quello che era sparito, o per sapere se un fatto era vero, o per scoprire se una persona era fedele .. Insomma, per ogni domanda la risposta era … u’ sutàzzo.

Si radunavano intorno al tavolo,  tutte le persone interessate e coinvolte nel quesito da porre a “’u sutazze”, e una persona estranea a i fatti manipolava “u sutazze” e formulava la domanda.

Ci sono due diverse versioni del gioco:
-   La prima consisteva nel porre il dito indice sinistro al centro del setaccio e contemporaneamente si formula la domanda in forma interrogativa. Se la risposta è positiva, il setaccio si muove avanti, indietro,  a destra o a sinistra indicando il colpevole del misfatto. Se se sta fermo allora la risposta è negativa, il fatto non è avvenuto o il colpevole non è tra i presenti.
-   La seconda consisteva nell’ introdurre una forbice nella fascia di legno del  setaccio e mantenerlo in piedi; si formulava  la domanda facendo il nome dei presenti, se dopo aver pronunciato il nome il setaccio restava fermo,  la risposta era  negativa, se girava era affermativa e designava il “colpevole”.

Tutto questo sembra strano, ridicolo sicuramente poco razionale,  ma pare che anche i greci credevano nella simbologia del setaccio, tanto che Socrate aveva formulato la "teoria dei tre setacci" spiegata in questo breve aneddoto:

Un giorno, un tizio venne da Socrate e cominciò a parlare, agitatissimo: "Hai sentito, Socrate, cos'ha fatto il tuo amico? Te lo devo proprio raccontare!".
"Aspetta un po'", intervenne Socrate, "hai passato tre volte al setaccio ciò che stai per dirmi?".
"Passato al setaccio tre volte?", chiese l'altro sorpreso.
"Sì, mio caro, esistono tre setacci.   Il primo setaccio è quello della VERITA'. Hai controllato se tutto quello che vuoi dirmi è vero?".
"No, l'ho sentito dire e...".
"Vedi. Ma certamente lo avrai esaminato con il secondo setaccio, quello della BONTA'.
E' almeno qualcosa di buono ciò che vuoi dirmi, visto che non è vero?".
L'altro diventò ancora più incerto: "No, non si può dire, anzi, al contrario...".
"Bene, ora usiamo il terzo setaccio e chiediamoci se E' NECESSARIO raccontare ciò per cui ti agiti tanto!".
"Necessario, veramente, non mi sembra...".
"Dunque", disse il saggio sorridendo, "se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, nè buono, nè necessario....   Allora lascialo stare e non diamocene più cura".

Ultimo aggiornamento ( sabato 22 marzo 2008 )
 
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