500 anni fa |
L'ha scritt Capadiciuccio | |
venerdì 27 aprile 2007 | |
Esattamente 500 fa, il 19 aprile 1507 , il capostipite della mia famiglia materna , un ebreo sefardita che viveva felicemente a Lisbona, fu cacciato dal Portogallo.
Sono stati innalzati dei roghi. I monaci brandiscono crocifissi , incitano al massacro assieme a commercianti invidiosi, poveri a pancia vuota, megere, marinai avvinazzati, la feccia del porto. Inseguendo gli ebrei terrorizzati , sfondando le porte delle dimore dove cercano rifugio, i più furiosi prendono i bambini per i piedi e fracassano il loro cranio contro gli architravi. Il sangue cola per le strade, sulla soglia delle case. Le scene di orrore si accompagnano a orge, ubriacature, saccheggi. La follia omicida dura tre giorni, e causa più di duemila morti.E fu fortunato, perché il 19 aprile 1507, a Lisbona la folla è scatenata. Il popolo afflitto dalla peste, cerca la causa nella collera divina. Al grido di “Eresia! Eresia!”, la caccia agli ebrei, causa individuata di carestia e di peste, si è trasformata in una carneficina. I miei antenati fuggono a Livorno prima , in Olanda, poi , in Italia Meridionale infine, passando per Taranto , dove fondano una ricca e prospera colonia ebraica. Moltissimi abdicano alla loro religione, diventando cristiani. Sopravvivono le origini solo in alcuni nomi ebraici e post-ebraici in origine, quali i De Paz, i Fonseca, i Marrano. Nella mia famiglia però, l’ amore per la patria perduta, il Portogallo, sopravvive ancora adesso nella lingua portoghese che tuttora ci tramandiamo parliamo correntemente, nell’ idea di Sefarad (la penisola iberica) quale patria ideale e perduta, nel grandissimo amore per tutto ciò che è lusitano. La lingua e la cultura portoghese si aggiunge, semplicitamente, all’ italiano ed all’ ebraico sefardita che fa parte della nostra tradizione. A 500 anni di distanza, mi sorprendo ancora a pensare in portoghese, a salutare l’ alba chiamandola “madrugada”, in una sorta di immortalità di legame e patto d’amore stabilito con quella terra dai miei antenati materni. Ogni volta che vedo Lisbona (un’ immensa taranto vecchia) mi sembra che quei 500 anni siano passati in un attimo, od addirittura mai, siano ancora in corso. Capisco insomma il senso dell’ eterno e dell’ immobile, e gli accidenti della storia. E gli strani legami delle lingue, anche. Nelle Isole Azzorre, che visito spesso, portoghesi in mezzo all’ oceano atlantico, gli abitanti (portoghesi mescolati ad olandesi, nei secoli) parlano un lusitano-tarantino d’ impatto ed hanno la sesta vocale tarantina. Urlano “Oeiu……addò ste vais……” proprio come fossero a Piazza Fadini. Fa impressione : un perfetto accento tarantino applicato al portoghese. Nell’ isola principale, San Miguel, la cittadina di Ponta Delgada ha una periferia simil –Tamburi. Ci ho fatto footing, e proprio come mi aspettavo, gli abitanti-bambini mi hanno preso a pietrate sfottendomi. Ridevo, scappando, di questo piccolo mondo, che si incontra, in me, in loro, negli oceani e nei mediterranei. |
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Ultimo aggiornamento ( venerdì 04 maggio 2007 ) |
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